venerdì 7 febbraio 2014

Il ruolo del divertimento nell’apprendimento



Uno degli aspetti fondamentali in qualsiasi corso, in palestra, è il grado di appagamento dell’allievo alla fine della sessione di allenamento.
E’, per questo, avere molto bene in mente qual è l’obiettivo del corso che si sta per allenare:
  1. E’ un corso per insegnante nelle Arti Marziali?
  2. E’ un corso per agonisti?
  3. E’ un corso per amatori?
  4. E’ un corso per bambini?
  5. E’ un corso per ragazzi?
  6. Ecc.
Se la risposta implica le prime due categorie (professionisti e agonisti), gli obiettivi dovranno essere calibrati su specifiche caratteristiche.
Per chi vuole intraprendere la carriera dell’insegnante gli allenamenti dovranno essere organizzati per dare un insegnamento approfondito sulle tematiche dell’Arte Marziale, su quella che deve essere la didattica e la pratica dell’insegnamento, e dovrà affiancare il responsabile del corso negli allenamenti per apprendere le dinamiche sul campo.
Per chi, invece, vuole fare l’agonista si dovranno seguire tutte quelle metodiche di allenamento e condizionamento, sia fisico sia mentale, che portino l’atleta ai massimi livelli di competitività.
Ma se il nostro allenamento è rivolto a:
  • bambini
  • ragazzi
  • adulti/amatori
  • ecc.
allora la cosa cambia.

Proviamo a tornare in palestra e come insegnante poniamoci qualche domanda:
  • Quanti atleti abbiamo in palestra?
  • Quanti insegnanti vi sono?
  • Quanti vorrebbero insegnare in futuro?
  • Quanti agonisti ci sono?
  • Quanti agonisti “part-time” ci sono?
  • Quanti vengono per l’arte marziale?
  • Quanti vengono per l’insegnante?
  • Quanti vengono per il gruppo?
  • Quanti vengono per passare il tempo?
  • Quanti vengono perché si divertono?
  • Ecc.
Se si danno le risposte a queste semplici domande, probabilmente dal prossimo allenamento si inizierà a ricalibrare il tiro degli allenamenti in palestra.
·         E’ probabile che ci si sia accorti che “forse” e ripeto forse:
  • In futuro avete uno/due “possibili” insegnanti (dipende sempre dai suoi impegni esterni)
  • Che agonisti “veri” ce ne sono si e no il 5 %, del totale degli iscritti.
  • Che agonisti “part-time” ce ne sono circa il 10 %, del totale degli iscritti.
  • Che molti vengono per fare la “fantastica” cintura nera
  • Ma che la maggior parte viene: per muoversi, per stare bene, perché il gruppo è bello, perché si divertono, perché socializzano, ecc

Questo pone una bella domanda: Chi si deve seguire?
  • Seguire chi vuole insegnare?
Così si avrà:
  • Una direzione tecnica
  • Una continuazione dell’Arte Marziale
  • Una scuola con cui fare gli esami, gli stage, gli allenamenti, ecc.
  • Ecc.
  • Seguire gli agonisti?
Così si avrà:
  • Un nome importante se faranno podio
  • Un possibile nuovo sistema pubblicitario da sfruttare
  • Ecc.

  • Seguire tutti gli altri?
Così si avrà:
  • Più persone in palestra
  •  Maggiori entrate
  • Un passaparola continuo dato dalla contentezza degli allievi
  • Ecc.

In base alle aspettative ed agli obiettivi si dovrà sviluppare quello che sarà il lavoro in palestra.
Un primo pensiero, se ce ne sono, dovrà essere per gli insegnanti (ne parleremo in futuro) poi per gli agonisti (ne parleremo in futuro) per arrivare a quella che è la vera base della piramide del corso:
i bambini, i ragazzi, gli adulti e amatori e chi come loro frequenta il corso perché sta bene e perché si diverte.


E’ necessario chiarire sin da subito che:
La formazione degli insegnanti non deve essere fatta in palestra, nel corso ma deve iniziare all’esterno sotto la guida di esperti tecnici nell’Arte Marziale e di professionisti in preparazione atletica, in metodologia di allenamenti, in marketing, ecc. per arrivare ad affiancare l’insegnante ufficiale del corso e apprendere sul campo, poi, le dinamiche di insegnamento.
La formazione degli agonisti non deve essere fatta nel normale corso, ma dovrà avere luogo e un orario ben specifico, perché l’atleta portare corpo e mente al massimo per renderli competitivi.
Ecco che qui nasce una nuova esigenza, che è quella del grande pubblico e dell’aumento del numero degli iscritti in palestra: il turno dei bambini, dei ragazzi, degli adulti e degli amatori.

In questo articolo non voglio affrontare quello che è l’allenamento di questi allievi, ma una cosa molto più importante e particolare: il loro grado di soddisfazione derivante solamente da una cosa… dal divertimento!

Uno degli aspetti fondamentali, nella nostra vita, è quello dell’apprendimento e, se torniamo indietro con la memoria, si vedrà che molte di queste fasi del passato sono state apprese meglio quando una cosa divertiva e appassionava.

Nella testa di ogni allievo vi deve essere sempre e solo una semplice domanda “che cosa farò questa sera ad allenamento?” questo è solo uno dei tanti stimoli per cui l’allievo torna in palestra.
La curiosità è uno dei principali fattori motivanti all’interno di un corso, questa “fame” deve essere continuamente stimolata con cambiamenti, con novità che mantengano alto il fattore divertimento.
Si pensi solamente a questo:

  • si entra in palestra, saluto
  • riscaldamento sempre con i soliti salti gambe aperte/chiuse (coordinate con le mani) cambio sull’asse
  • stretching
  • addominali
  • tecnica
  • saluto e fuori
ad un certo punto l’allievo si siede e inizia a “sopportare” la lezione fino a quando non è colmo e va via.
E’, per fare un paragone, come quando si è al primo giorno di scuola elementare, prende la matita, si inizia con i cerchi, poi i quadrati, poi le linee , poi le curve, fino ad arrivare a costruire una parola.
Ma non per questo alle medie, alle superiori e all’università si continua con lo stesso schema; nel corso degli anni si sono aggiunti nuovi schemi, nuove materie, nuove informazioni, c’è stata anche un’evoluzione nella nostra calligrafia.
Lo stesso deve essere in palestra, il “segreto” di un buon insegnante è quello di apprendere nuovi stimoli andando a rompere, anche di forza, degli schemi mentali che si sono formati negli anni, chiudendolo in se stesso vincolandolo dal trovare nuove idee, nuovi allenamenti nuove forme di “marketing” per se stesso e per i propri allievi.
Più l’insegnante è in prima persona motivato, più è in grado di far appassionare gli allievi all’Arte Marziale e se, per qualche motivo, si allontaneranno, avranno sempre un pensiero positivo su quello che hanno vissuto assieme in palestra.
Non mi sto allontanando dall’argomento del divertimento, sia ben chiaro, cerco di far capire che se per primo non è l’insegnante motivato e quindi non si diverte, l’allievo lo percepisce, lo sente e soprattutto lo vive (ne parleremo in futuro).
Più l’insegnante è motivato, più l’allievo è motivato.
Più l’insegnante è coinvolto, più l’allievo è coinvolto.
Da qui nasce una semplice formula:
MOTIVAZIONE + COINVOLGIMENTO = DIVERTIMENTO
Che può essere descritta da un’immagine molto più semplice:


In questa particolare condizione di insegnamento e quindi di apprendimento , giocano un ruolo centrale quelle che sono le emozioni positive e negative che possono favorire o chiudere gli stimoli dell’apprendimento stesso.
Una grande importanza è data dalla sperimentazione sul campo, nel quale l’insegnante dovrà trovare il giusto connubio fra divertimento e Arte Marziale.

Una piccola frase di Pablo Neruda:
Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di se

Da studi e ricerche effettuati direttamente sul campo psicologico e pedagogico è stato dimostrato che i processi che sottointendono il gioco e quelli che determinano l’apprendimento sono del tutto simili.
ATTENZIONE, questo non vuol dire organizzare una lezione sul gioco, ma vuol dire sviluppare una lezione che coinvolga, che motivi e che, soprattutto, faccia uscire gli allievi dalla palestra con il sorriso.
Il concetto base dell’allenamento è quello che “le conoscenze non possono venire trasmesse passivamente da una ad un’altra persona, ma è quest’ultima che deve farle proprie elaborandole e costruendole come propria conoscenza acquisita” (J. Piaget e S. Papert) da qui nasce la necessità del coinvolgere sempre ed in ogni momento gli allievi.

Per questo non è importante che cosa si fa, ma come lo si fa.
Quali potrebbero essere alcuni principi da seguire:
  1. Non fare scelte di allenamento basate sulla comodità.
  2. Non fare allenamenti in base alle nostre potenzialità.
  3. Non scegliere un allenamento per soddisfare le aspettative di pochi (agonisti in orario separato, insegnanti in altra sede, ecc.).
  4. Mantenere sempre il contatto con gli allievi: guardarli e leggerli come persone per capire e comprenderne bisogni, necessità, ecc.
  5. Seguire il proprio programma a lungo, medio e breve termine sviluppando sempre allenamenti diversi.
  6. Cercare nuovi stimoli; come disse Steve Jobs “Siate affamati, siate folli” è veramente difficile che le cose vi cadano addosso.
  7. Se piace quello che si sta facendo si può farlo capire attraverso quello che si fa con i propri allievi.
  8. Alimentare sempre il fuoco della propria passione.
  9. L’importanza dell’allenamento è data dall’impegno con cui lo si affronta.

venerdì 10 gennaio 2014

La pianificazione: il corretto modo di affrontare un anno sportivo









La prassi che dovrebbe seguire l’insegnante di arti marziali, e non solo, è quella di prevedere una pianificazione tecnico-didattica che coinvolga tutte le fasce d’età che aderiscono alle attività della palestra durante l’intera stagione sportiva.
Nella pianificazione devono essere tenuti in conto:
  • allenamenti
  • manifestazioni/dimostrazioni
  • verifiche in corso
  • esami di grado
  • gare
  • ecc.
Ma anche:
  • incontri con atleti
  • incontri con genitori
  • incontri con agonisti
  • feste
  • cene di fine anno e fine anno sportivo
  • attività esterne
  • ecc.
Troppe volte l’allenamento viene vissuto nella giornata “oggi che cosa facciamo?” i tempi, fortunatamente, sono cambiati.
La pianificazione, dentro e fuori la palestra, della stagione sportiva dovrebbe diventare una prassi.
Partiamo dalla base con delle semplici domande:
  • Qual è l’obiettivo?
  • Che cosa fare?
  • Come fare?
  • Dove fare?
  • Quando fare?
  • Quale sequenza devo seguire?
Una volta chiarito questi punti si inizia la programmazione vera e propria della stagione sportiva

Ricordo che nella stagione sportiva si devono tener conto di due ben specifiche pianificazioni, che si devono unire in un unico calendario:
  • pianificazione dell’allenamento
  • pianificazione della vita sociale
Attenzione vi ricordo che l’atleta viene in palestra sì per l’arte marziale, ma viene soprattutto perché vi è un gruppo affiatato dentro e fuori la palestra.
Il segreto di grandi gruppi è l’unione che si crea in spogliatoio e quindi nel dopo palestra.
Ma andiamo per gradi.

Pianificazione dell’allenamento
Per pianificazione dell’allenamento di intende il procedimento diretto al raggiungimento di un determinato obiettivo di allenamento, tenendo conto dello stato di prestazione individuale e del gruppo, della strutturazione degli allenamenti con previsioni a lungo, medio e breve termine.
In palestra è necessario tener presente che si sta “addestrando” un gruppo di “lavoro”, perciò la pianificazione deve essere sviluppata per tutti; l’insegnante, poi dovrà anche avere una scheda con tutte le caratteristiche del singolo atleta con punti deboli e punti forti.
La pianificazione è il processo che deve essere sviluppato fra un punto di partenza, rappresentato dal gruppo e dal suo livello di prestazione individuale, e un punto di arrivo, rappresentato dal periodo nel quale il gruppo deve produrre prestazioni massimali (periodo di gara, di valutazioni ed esami).
Questo processo rappresenta solo l’aspetto iniziale della pianificazione.
Un altro aspetto fondamentale è rappresentato dall’analisi e la verifica dell’esecuzione del piano messo in atto e quindi anche dalle relative correzioni da mettere in opera.
Importante è comprendere l’importanza della valutazione continua sia del processo sia dei risultati quindi, tracciare sì un processo di pianificazione ma non trarre i risultati solo alla fine della stagione! Tutto quello che avviene all’interno di questa valutazione continua costituita da :
  • allenamenti
  • allenamenti congiunti
  • manifestazioni
  • gare
  • esami di grado
  • ecc.
consente di calibrare il tiro in corsa e sviluppare tutte le correzioni che permettono di arrivare all’obiettivo finale.

Elementi fondamentali da tenere in considerazione nella stesura di una pianificazione:
  • analisi del gruppo (età dei partecipanti, caratteristiche fisiche in base all’età, tipi di gradi/cinture di cui è composto, sesso dei partecipanti, ecc.)
  • mete da raggiungere (competizioni, esami, saggi, ecc.)
  • ritmo e numero degli allenamenti settimanali (giorni, ore, recuperi, ecc.)
  • scopi fisiologici dell’allenamento (adattamenti fisiologici, crescita muscolare, recupero, ecc.)
  • periodizzazione dell’allenamento (preparazione, riposo, pre gara, supercompensazione, ecc.)
  • metodi di allenamento (preparazione generale, preparazione specifica, preparazione tecnica, ecc.)
  • appuntamenti (competizioni, manifestazioni, stage, esami, ecc.)

Quali sono i vantaggi di una pianificazione?
  • Responsabilizza il gruppo ed il singolo, che di fronte ad una pianificazione chiara e ben strutturata può considerare meglio l’allenamento come il proprio sviluppo nell’arte marziale.
  • Provoca fiducia al singolo nei periodi di incertezza o fragilità psicologica.
  • Aiuta, proprio nel mentre la si realizza, a sviluppare e creare idee sempre più precise di ciò che si deve fare.
  • Quello che è pianificato è mezzo fatto.
  • Una pianificazione ben strutturata aiuta a mettere in evidenza o scoprire eventuali errori e/o aggiustarli o a prevenirli con sufficiente anticipo.
  • Impedisce cambiamenti frettolosi o una sperimentazione sul campo priva di qualsiasi fondamento.
  • Dona al lavoro di pianificazione e la sua messa in opera, un’importanza “scientifica”.


Azioni di controllo e di correzione
Avere sempre sotto controllo tutta la pianificazione, con i vari obiettivi, permette di individuare tempestivamente quali sono le relative correzioni.
Le azioni di controllo e di correzione hanno come obiettivo quello di:
  • Valutare la situazione attuale e confrontarla con la pianificazione generale. E’ una vera e propria verifica sul campo si quanto era stato programmato come obiettivi da raggiungere, come risultati attesi e come risultati finali.
  • Analizzare le cause dello spostamento tra quanto pianificato e quanto risultato.
  • Individuare i possibili interventi di correzione sulle azioni e sugli obiettivi a medio e breve termine.
  • Considerare dove si andrà a finire se le cose continuano ad andare così come si sono evolute fino a questo momento.
Una volta ben chiarite queste azioni di controllo, si possono sviluppare metodologie adeguate per eliminare gli errori.
Ora viene un’altra domanda: “Ma come e cosa si corregge?
Dopo aver ben chiarito tutti gli obiettivi dell’azione di controllo e di correzione, il metodo da seguire è:

  • Definire la priorità da correggere.
  • Correggere un solo errore per volta.
  • Vi deve essere una sincronia fra azione e correzione.
  • Valutare se la correzione apportata sta reindirizzando il percorso verso l’obiettivo.


E per ultimo, un piccolo pensiero:
Bisogna avere un cuore capace di pazientare; i grandi disegni si realizzano con molta pazienza e con molto tempo
Francesco Di Sales
(controversie, 1595)

lunedì 6 gennaio 2014

Insegnamento ai bambini: il futuro dell’Arte Marziale




Troppe volte si “indica” pensando che la parte più importante in palestra siano:
  • Gli agonisti,
  • Gli adulti;
  • Gli atleti che fanno combattimenti;
  • Gli atleti che fanno le forme;
  • Ecc.
Il bello è… che dobbiamo reindirizzare il tiro perché:
I prossimi junior e i prossimi adulti sono i nostri attuali bambini.
Questo è il vero e unico futuro delle arti marziali

L’allenamento del bambino è una delle attività più “particolari”.
Molte, troppe volte, si è detto “i bambini sono degli adulti in miniatura” ebbene… niente di più falso!
Il bambino sarà il prossimo adulto MA mentre l’adulto ha in se un bagaglio tecnico, un’esperienza maturata durante anni di vita; il bambino deve ancora costruire tutta questa esperienza dalla parte fisica alla parte emozionale, dal comportamento alla socializzazione, ecc.
L’insegnante di arti marziali ha come scopo principale quello di insegnare un’attività ben specifica, attraverso percorsi motori, giochi e tutto quello che il bambino dovrà fare per avvicinarsi a questo “nuovo” mondo.
Per questo è necessario comprendere che già in giovane età il bambino ha bisogno di regole.
Regole dettate in palestra che se insegnate nel modo corretto gli serviranno per crescere e vivere bene nel mondo.
Nel Taekwon-Do ITF vi sono cinque semplici regole chiamati “i principi del Taekwon-Do” e sono:

  • Cortesia
  • Integrità
  • Perseveranza
  • Autocontrollo
  • Spirito indomito

Come si può notare questi sono principi che possono essere messi in pratica anche nella vita di tutti i giorni.
Insegnare ad un bambino, come detto all’inizio, è molto “particolare” perché consciamente o inconsciamente questi diventerà un educatore.
Ma che cosa vuol dire “educare”?
Dal latino “E” fuori e “DUCO” controllo = Guidare fuori.
L’educazione non è l’insegnamento che forgia e irrobustisce come si pensava nel secolo scorso MA l’educazione trae dalla persona ciò che ha da sviluppare di autentico e di proprio.
La persona “educata” è quella che conosce il valore delle cose nella propria vita, chi è in grado di esprimersi nel riguardo di questo valore, non secondo leggi esterne imposte, ma secondo leggi morali e culturali che con l’educazione hanno iniziato a crescere nascendo dal profondo della persona.
Queste sono delle:

  • Manifestazioni del bambino che matura conoscendo il mondo;
  • Manifestazioni dell’adolescente che inizia a relazionarsi con se stesso e con gli altri;
  • Manifestazioni dell’adulto in grado di apprendere ed affermare.

Da qui nasce l’importanza dell’interazione fra insegnante e bambino e l’importanza del dettare delle regole all’interno della palestra.
In questo breve articolo la mia intenzione non è quello di insegnare la didattica, come insegnare un movimento, come insegnare una forma, ecc. ma come portare l’insegnante a come deve interagire con il bambino.

Regole: chiare, decise ed adeguate alla loro età
Come dicevano i nostri nonni: “… ha l’argento vivo addosso!” il bambino è instancabile, è vitale e così deve essere, è una spugna che assorbe tutto quello che gli viene proposto.
Per questo ogni regola deve avere un senso, il “perché lo dico io!” non da il senso alla regola, o al comando, e questa, inoltre, deve tenere presente anche dell’età del bambino.
I genitori sono le prime persone che devono dettare le regole.
In palestra è il maestro che detta le regole.
Regole “chiare” e “decise” sembrano delle parole facili ma attenzione perché come regole date a loro devono essere seguite anche da noi.
Pensiamo a questo (metto come arte marziale il Taekwon-Do ITF):

  • Il Taekwon-Do si fa solo a piedi nudi” e l’insegnante insegna con le scarpe;
  • Sotto il dobok (divisa di allenamento) non vi deve essere una maglietta, a parte le bambine” e l’insegnante ha una maglia con le maniche lunghe;
  • Ecc.

Sono esempi fatti perché reali e se viene dettata una regola e l’insegnante per primo non la rispetta è veramente difficile che questa sia convincente.

Coerenza: i bambini prendono seriamente chi è coerente
La coerenza nelle regole e nelle azioni in palestra deve diventare una regola fondamentale per ogni insegnante.
Il bambino prenderà seriamente solamente chi è coerente, regole ed azioni non dovrebbero essere mai cambiare sul momento per evitare capricci, rimostranze o altro.

Vago e generico: i bambini non capiscono le richieste vaghe e generiche
Potrà sembrare scontato ma purtroppo non lo è affatto.
Le regole devono essere molto chiare e mai troppo vaghe o generiche, si deve essere molto pratici quando si chiede qualche cosa al bambino.
Per un attimo, entriamo in palestra e proviamo a pensare ad una classica frase che si sente, o si dice: “Fate i bravi!” che cosa vuol dire?
Provate ad entrare nella mente dei bambini:
  • Giocare
  • Parlare con l’amico
  • Sedermi per terra
  • Andare dalla mamma per una coccola
  • Cantare
  • Mettere le mani negli specchi
  • Ecc.
Alla fine che cosa dovrebbe fare il bambino?
Ogni messaggio deve essere chiaro del tipo: “Parlo con la mamma, voi mettetevi in fila e seduti che fra un po’ sono da voi!”.

Capricci: e se il bambino fa i capricci?
La calma è la regola principale su cui deve appoggiare tutto il nostro sistema di insegnamento in palestra.
Importante è fargli capire che i capricci non pagano e che si è disposti ad interrompergli l’attività che sta volgendo.
Anche qui l’importante è la coerenza; è necessario, se non ascolta, non dargliela vinta, deve comprendere che il capriccio non lo porterà da nessuna parte.
L’insegnante perdendo la calma, agiterà di più il bambino, ecco perché, se possibile, è necessario non urlare.
Una volta dato un divieto, soprattutto durante un allenamento, è necessario non divulgarsi in spiegazioni perché in questo momento, quando è dato il divieto, non serve ne parlare ne cercare di ragionare con lui per il semplice fatto che questi non sta ascoltando, è chiuso in se stesso, nel suo egocentrismo, perché gli è stato vietato qualche cosa. L’argomento dovrà essere ripreso a quattr’occhi alla fine della lezione.
Non promettere mai regali o cercare di comprarlo perché non si farà altro che incoraggiarlo a comportarsi male di prassi.

Paragoni: Non fare mai ne paragoni e ne ricatti
E’ necessario comprendere che accettare una regola basata su un paragone o sulla paura non è uno stimolo per la crescita interiore ed esteriore del bambino.
Invece è indispensabile mettere in risalto l’impegno e la buona volontà ogni volta che il bambino prova o riesce o a seguire un esercizio o a seguire una regola.
Questo metodo, dare uno sprono positivo agisce come un rinforzo positivo e gli trasmette un messaggio chiaro e positivo a quello che ha fatto.
Questo darà voglia sia a lui sia ai suoi compagni di arrivare a ricevere nuove lodi.
Qualsiasi atto positivo, grande o piccolo, è sempre una piccola crescita… NON DIMENTICATELO!

Ed ora…
Il genitore
In molti casi, il genitore tende a portare questa sua “autorità” anche all’interno della palestra cercando, inconsciamente, di portare l’insegnante dalla sua parte e di conseguenza da quella del proprio bambino.
Negli ultimi anni i genitori si trovano a cercare un ruolo sempre centrale nella vita dei propri figli, cercano il loro amore (non capendo che i bambini già ne versano tanto su di loro).
Questo atteggiamento, purtroppo, va a sostituire l’autorevolezza del loro ruolo con l’affettività.
Questo è il motivo principale per cui alla prima reazione negativa vissuta dal bambino, tentano in tutti i modi di porvi rimedio.
Nell’attuale società, molto spesso, il figlio è la risposta egocentristica ad alcuni bisogni dell’adulto, è la soluzione che deve realizzare una propria vecchia, o nuova, aspettativa.
Purtroppo queste aspettative consce o inconsce, verso il figlio, molto spesso sono enormi.
Chi ha avuto a che fare con bambini o genitori soprattutto alle competizioni, ha visto che mentre per il bambino tutto si risolve con la giornata e rimane un gioco, nel genitore la cosa non finisce li, ma molte volte vengono poste delle domande o delle affermazioni del tipo:
  • Era più forte di te e non eri preparato!
  • Perché ha perso?
  • Non lo sta allenando a dovere!
  • Gli arbitri non capiscono nulla!
  • Non è fatto per questo sport!
  • Ecc.
Perciò il ruolo dell’insegnante oltre che dettare regole al bambino in molti casi deve anche far capire al genitore che il bambino deve prima di tutto divertirsi; i risultati verranno con il tempo, quando questi avrà ben chiaro se nella sua vita l’arte marziale sarà una cosa importante.